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Analisi del testo del canto III della "Divina Commedia".

LA TRAMA E LA STRUTTURA:

Il canto inizia con l' epigrafe scritta sulla porta dell' Inferno, Dante è dubbioso e chiede spiegazione a Virgilio, il quale gli dice che sono finalmente giunti nel luogo in cui sono punite in eterno le anime peccatrici. Si sentono suoni, rumori, grida, sospiri, pianti, lamenti e Dante, sentendoli per la prima volta, si mette a piangere. Successivamente Virgilio spiega a Dante che le voci e le urla che sente sono degli ignavi, cioè di coloro che in vita non seppero scegliere, di coloro che rimasero sempre imparziali: tra questi anche gli angeli che durante la lotta tra Dio e il diavolo non si schierarono. I dannati sono puniti con la legge del contrappasso, cioè subiscono come pena più gravemente ciò che fecero il vita, oppure sono costretti a fare per l' eternità ciò che non fecero in vita. Gli ignavi sono costretti a rincorrere un' insegna bianca, quindi priva di significato, esattamente come in vita non seppero seguire degli ideali. Vengono, inoltre, punti da mosconi e da vespe ed il sangue e le lacrime che cadono sono raccolti da vermi che si trovano ai loro piedi. Gli ignavi sono talmente disprezzati da Dante da non venire nemmeno posti nell' inferno, ma bensì nell' Antinferno: infatti potrebbero essere motivo di gloria e di vanto per le altre anime peccatrici, le quali, se pur peccatrici, in vita seppero operare delle decisioni. Tra gli ignavi è presente anche "colui che per viltade fece il gran rifiuto" , Dante non precisa chi sia costui, ma gli studiosi hanno individuato alcune possibilità. Principalmente questa persona potrebbe essere Pietro da Morrone, un eremita che fu nominato papa nel 1294 con il nome di Celestino V, ma che, dopo soli cinque mesi decise di abdicare. I motivi della sua scelta potrebbero essere due: o fu obbligato da colui che divenne papa dopo di lui, ovvero Bonifacio VIII, oppure era un ottimo uomo dal punto di vista spirituale, ma non era a conoscenza delle procedure politiche e quindi di fatto sottomesso agli altri cardinali. Altre identificazioni potrebbero essere il giovane del Vangelo che si rifiutò di seguire Gesù, Pilato, Docleziano o Giuliano l' Apostata, il quale rinunciò alla fede.

Successivamente Dante vede arrivare una barca con un traghettatore, Caronte, il quale ha il compito di traghettare le anime dall' altra parte del fiume Acheronte. L' anziano nocchiere non vuole traghettare Dante, perchè ancora vivo, Virgilio lo quieta, dicendogli di calmarsi e che loro si trovano in quel luogo per volontà di Dio. Poi Dante vede le anime traghettate che, come foglie che si staccano dagli alberi, si allontanano dalla riva. L' autore, per evitare di allungare il racconto, utilizza un aneddoto: egli stesso sviene, ritrovandosi poi al risveglio nel cerchio dei lussuriosi.

I CONTENUTI:

L' Antinferno precede l' Inferno, è un luogo privo di vita, sia materiale che spirituale, non vi è l' alternarsi del giorno e della notte, qui vengono puniti gli ignavi.

Il guardiano dell' Antinferno è Caronte, anziano uomo descritto come una persona dai modi bruschi e rozzi, il cui compito è quello di traghettare le anime sulla riva opposta del fiume. Egli dice a Dante che non lo vuole traghettare perchè è un' anima ancora viva, inoltre egli già gli annuncia che sarà trasportato da una barca più leggera, metafora a significare che sarà traghettato da una barca che porterà meno peccati , ossia Dante avrà una diversa destinazione rispetto a quella delle anime dannate.

Durante il viaggio, Dante prova una serie di sentimenti, a seconda delle diverse situazioni in cui si trova. Inizialmente il protagonista, vedendo l' insegna sulla porta dell' Inferno, è smarrito ed ha paura, è però confortato da Virgilio, che gli spiega che stanno per varcare la soglia dell' Inferno, dove vengono punite tutte le anime peccatrici. Proseguendo il viaggio, Dante piange perchè sente per la prima volta i pianti e i lamenti delle anime. Quindi è dubbioso e chiede a Virgilio di spiegargli chi siano le anime che vede, ma temendo, con la sua domanda, di aver dato noia al maestro, si vergogna. Alla fine del canto, Dante sente tremare la terra e dalla paura suda ed infine sviene.

LE FORME:

All' inizio del canto, come già detto, viene descritta l'insegna che si trova sulla porta dell' Inferno, concepita da Dante come una porta sempre aperta, perchè la via del peccato è grande e larga, nonostante la dannazione eterna a cui conduce. Sull' insegna è spiegato a che cosa la porta dà accesso per mezzo di un anafora, cioè la ripetizione dell' espressione "Per me si va" che indica l' inesorabilità e l' eternità della pena per chi entra nell' Inferno. Sulla scritta si dice anche che la porta fu creata per volontà di Dio, si può notare l' esplicazione della Trinità: il Padre è la potenza ordinatrice e creatrice dell' universo, il Figlio è la sapienza e lo Spirito Santo l' amore tra il Padre e il Figlio fatto persona. Infine è scritto che la porta è eterna e che coloro che entrano devono lasciare ogni speranza.

Vi è un parallelismo dei verbi "smarrire" e "perdere" presenti entrambi al verso tre; "smarrire" nel primo canto e "perdere" nel terzo, hanno però diversi significati: il primo indica che Dante aveva smarrito la via del bene a causa del traviamento morale, il secondo è riferito alla "perduta gente", cioè alle anime dei condannati.

Al verso 62 è presente la parola "cattivi", questa deriva dal verbo latino "capio" che significa prendere. I prigionieri venivano chiamati "captivi", dalla forma del supino "captum" dello stesso verbo, da qui deriva anche la parola italiana cattività. Siccome i prigionieri erano solitamente persone malvagie, si iniziò anche a dire "captivus diaboli" cioè prigioniero del demonio e così la parola "captivus" iniziò ad indicare una persona malvagia.




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