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Analisi del testo del canto II della "Divina Commedia".

LA TRAMA E LA STRUTTURA:

Il canto è suddiviso in diverse parti. La prima è il proemio (versi 1-9) : qui, di notte, Dante inizia il viaggio verso gli Inferi, è presente anche l' invocazione alla Muse, a cui Dante chiede aiuto nel ricordare il viaggio compiuto. Nella seconda parte (versi 10-42), Dante è assalito da dubbi, egli non si crede degno di poter discendere agli Inferi ed inoltre pensa che, decidendo di continuare senza aver riflettuto, potrebbe dover intraprendere un viaggio temerario. Le uniche due persone che l' hanno preceduto e che sono ritornate vive nel mondo terreno furono Enea, secondo la leggenda progenitore della stirpe romana, sceso nell' Ade per visitare il padre Anchise e san Paolo, il quale compì il viaggio per rafforzare la fede dei primi cristiani, elevato fino al terzo cielo da Dio; entrambi furono quindi aiutati dalla volontà divina. Successivamente inizia il racconto di Virgilio ( versi 43-126), egli sostiene che Dante sia vile e per ridargli forza gli narra di chi l' ha mandato a soccorrerlo. Virgilio si trovava nel Limbo, luogo dove dimorano le anime nate prima della venuta di Cristo ed i bambini morti prima di essere stati battezzati, quando gli apparve Beatrice. Il discorso della donna si apre con la "captatio benevolentiae", ella loda il poeta dicendo che la sua fama durerà fino a quando esisterà il mondo terreno, poi gli chiede di andare in soccorso a Dante, smarrito nella selva; inoltre Beatrice dice che, quando ella ritornerà al cospetto di Dio, loderà Virgilio, ma, come sappiamo, ciò è inutile, perchè il poeta non potrà mai essere in Paradiso, visto che nacque prima della venuta di Cristo. Oltre a queste parole, ciò che convince Dante a continuare il viaggio è il fatto che proprio la Madonna disse a Santa Lucia di recarsi da Beatrice per avvisarla di soccorrere Dante e che quindi anche il suo viaggio era voluto dalla volontà divina. Nell' ultima parte, dal verso 127 al 142, Dante, come un fiore che aveva i petali chiusi per il freddo e per la notte e che poi, con l' arrivo del giorno si rinvigorisce, riprende coraggio e decide di continuare il viaggio. Dante si affida a Virgilio descrivendolo come la sua guida, il suo signore e il suo maestro.

I CONTENUTI:

L' azione si svolge al tramonto dell' otto aprile del trecento, venerdì santo; Dante sceglie questa data perchè quella di Pasqua è la settimana liturgica più importante di tutto l' anno. Anche la scelta della sera non è casuale, infatti vi è un collegamento tra la dimensione naturale e l' immagine morale unite alla condizione psicologica di Dante e dei dannati per sofferenza e peccato.

Dante cita coloro che tornarono vivi dopo aver compiuto il viaggio nell' Inferno, ovvero Enea e san Paolo, a significare che egli non è degno come loro di compiere il viaggio, ma anche come fonti di ispirazione: Enea è simbolo della tradizione classica, mentre san Paolo delle Sacre Scritture, infatti quest'ultimo viene definito "Lo vas di elezione", proprio come negli Atti degli Apostoli.

In soccorso di Dante intervengono tre donne benedette. La prima è la Madonna, la quale è la Grazia preveniente, ella dà un senso di sacralità al compito di Dante; la seconda è santa Lucia, simbolo della Grazia illuminante; molto devoto alla santa, Dante la sceglie perchè ella è la santa protettrice degli occhi, capace quindi di illuminare Dante nel suo cammino, inoltre, il poeta ebbe in vita dei problemi alla vista. La terza donna è Beatrice, la Grazia Operante e simbolo della Teologia; grazie a lei, nella terza cantica, Dante potrà assistere alla visione di Dio. Psicologicamente la donna è molto importante per il poeta, perchè è il motivo per cui Dante decide di continuare il proprio viaggio. Proprio come in "La vita nuova", Beatrice viene descritta con aggettivi e parole stilnovistiche come "beata", "bella", "occhi", "favella", "soave e piana", "angelica voce".

All' interno del canto viene posto un problema dottrinario: Virgilio domanda a Beatrice come mai un' anima pura come lei e proveniente dal Paradiso non abbia paura di discendere nel Limbo, cioè nell' Inferno. La donna risponde che lei e le altre anime celesti temono solo ciò che ha il potere di fare loro del male e che quindi non ha paura dell' Inferno.

LE FORME:

Nel canto II della Divina Commedia vi sono alcune parti tipiche dei proemi dei poemi epici: la dichiarazione dell' argomento (versi 1-6), in cui Dante dice che si sta accingendo a compiere un viaggio, l' invocazione alle Muse nei versi 7-9, in cui viene chiesto alle nove figlie di Zeus di aiutarlo a ricordare il viaggio compiuto, al verso nove è utilizzata la parola "benevolentiae" per indicare il valore dell' intelletto che si mostrerà nel ricordare i luoghi visitati. Invece ai versi 112-129 del primo canto vi è una sorta di sommario, in cui Virgilio anticipa a Dante il percorso del viaggio. Manca invece, rispetto ai tradizionali proemi dei poemi epici, la dedica al destinatario.

Si può notare in Dante un tono di modestia ai versi 10-12 e ai versi 31-36, l' autore chiede a Virgilio di giudicare se egli sia degno di compiere quel viaggio; egli sostiene poi di non esserlo, dicendo che il viaggio potrebbe essere "folle", cioè temerario. Inoltre ai versi 13-30 vi è la descrizione e l' esaltazione di coloro che l' hanno preceduto nel compiere il viaggio: ciò per mettere in risalto le differenze che intercorrevano tra lui e san Paolo ed Enea, si dice anche che Dio sia stato benevolo con lui, sottintendendo che lui non era degno come loro di compiere il viaggio.

Nelle parole di Beatrice, invece, si può cogliere un altro topos della letteratura, cioè quello della captatio benevolentiae: ai versi 58-60 la donna esalta Virgilio dicendo che la sua fama durerà fino a quando esisterà il mondo terreno e ai versi 73-74 Beatrice sostiene che quando ritornerà davanti a Dio lo loderà, ma ciò è inutile perchè Virgilio non fu battezzato e quindi non potrà mai salire in Paradiso. Le sue parole sono comunque definite "vere" al verso 135, perchè manifestazione della volontà divina.

Ai versi 35 e 64 vi è il verbo "temere", il quale deriva dal latino timeo ed è seguito dalla particella ne per indicare un evento indesiderato.

Ai versi 121-123, vi è un' iterazione della parola "perchè", la quale viene insistentemente ripetuta numerose volte per convincere Dante a proseguire.

Durante tutto il canto sono presenti delle domande retoriche poste sia da Dante, che da Virgilio e Beatrice, utilizzate dall' autore per esortare l' altro interlocutore a compiere ciò che viene chiesto: versi 103-108 Beatrice nei confronti di Virgilio e versi 121-126 Virgilio nei confronti di Dante, oppure per un atteggiamento di modestia di Dante al verso 31.




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