IMC!


Contenuti


Foto

 







Curiosando...
Novita  Novità Link  Link Blog  Blog English  Español 
I riti funebri in Grecia

Strettamente connesse con la religione sono le usanze funerarie. Già nel mondo elladico gli acheo-micenei conobbero i due sistemi della cremazione e dell'inumazione, ma in ambedue i casi era considerata essenziale la copertura, almeno simbolica, dei resti del defunto con la terra, in quanto secondo le religioni classiche la vista dei resti di un defunto offende gli dèi celesti, rende impuro tutto ciò che di umano entra con essi a contatto e inoltre è una grave mancanza nei confronti dei defunti stessi, poiché essi non trovano la pace se non ricoperti di terra: solo a questo modo sembrava fosse possibile, per quelli che credevano in una vita d'oltretomba, che il defunto fosse ammesso agli inferi.

Non si trattava, quindi, di un dovere incombente soltanto sopra i congiunti, quando si procedeva alla sepoltura: un cadavere non poteva essere lasciato insepolto, anche se si trattava della salma del peggiore nemico; il lasciare insepolto il corpo di un defunto era infliggere un castigo peggiore della morte stessa, tanto che la cosa veniva praticata soltanto con persone già decedute in seguito a esecuzione capitale, cui sembrava che la morte non fosse stata una pena sufficiente, come accadeva nel caso delle persone condannate a morte per tradimento. Quando una persona moriva, la prima cosa che i membri della famiglia dovevano fare era quella di fornirgli la monetina che avrebbe dovuto essere pagata per il traghetto in barca del fiume Stige. La moneta in Atene era un obolo, e veniva messa in bocca. Dopo questa prima pietosa funzione, il cadavere doveva venire lavato e profumato con unguenti, dopo di che veniva rivestito: non di un sudario, ma degli stessi abiti che portava abitualmente in vita. Sopra questi abiti si mettevano ghirlande di fiori e nastri, dopo che il cadavere era stato trasferito sopra un letto, in maniera adatta per la visita di saluto della salma e la sua esposizione, che doveva assolutamente essere fatta, aprendo la casa a tutti quanti desideravano fare visita al defunto, anche perché questa costituiva una garanzia tanto sull'identità del defunto, quanto contro il pericolo di morti apparenti. La funzione dell'esposizione funebre, chiamata prothesis, richiedeva la disponibilità di piante aromatiche, come l'origano, di cui dovevano essere pronti alcuni ramoscelli per una specie di rito purificatorio, consistente nello spruzzare acqua sul cadavere, con queste erbe aromatiche. Occorreva quindi che, vicino all'uscio della stanza, fosse sistemato un recipiente con acqua, mentre accanto alla salma dovevano essere pronti leciti dipinti con soggetti funerari e contenenti oli o unguenti profumati, che avrebbero poi dovuto andare a finire sul rogo o nella tomba, insieme alla salma. Durante la parte del funerale consistente nell'esposizione del defunto le donne di casa o mercenarie assunte appositamente dovevano assistere la salma con continue lamentazioni (threnoi).

Solo dopo tre giorni dalla morte avvenivano le vere e proprie esequie, ecforà, che consistevano in un accompagnamento funebre sino alla purà, il rogo, nella Grecia arcaica o alla tomba se usava l'inumazione. Quando usava la cremazione, sul rogo i doni venivano bruciati insieme alla salma, se invece si ricorreva ai tempi in cui veniva praticata l'inumazione, i doni funebri si ponevano sotto terra, nella tomba, cioè in feretri costruiti per lo più in terracotta, quando non ci si poteva permettere un sarcofago di pietra scolpita. Quando il morto veniva sepolto, era permesso ai proprietari di terra la sepoltura nel proprio terreno, però le sepolture più lussuose erano sistemate in terreni di proprietà privata, fiancheggianti le strade di grande comunicazione, mentre le salme dei poveri venivano sistemate in terreni comuni destinati a questo scopo... Nel rito omerico il cadavere, posto sul rogo, riceve l'estremo omaggio di capelli che gli accompagnatori si strappano dal capo; acceso il fuoco, alcuni stanno a sorvegliare il rogo sino a che tutto sia ridotto in cenere e frattanto, mentre le fiamme ardono, vengono offerti sacrifici di animali e di cibo. A rogo estinto, le ceneri vengono spruzzate con vino e poi raccolte insieme alle ossa e messe in un'urna con una manciata di terra e poi sepolte. La quantità di oggetti preziosi che si trovano nelle tombe micenee concorda con la tradizione, dando l'impressione di funerali sontuosi, usanza che rimase a lungo radicata, anche nelle successive epoche della storia greca. Fin dal tempo di Solone intervennero disposizioni per regolare le manifestazioni funerarie evitando che fossero eccessivamente vistose, sontuose o gravate di vecchie superstizioni. In alcune occasioni particolarmente solenni, soprattutto in occasione di seppellimento o di cerimonie commemorative per morti in guerra, usava una solenne cerimonia pubblica, nella quale una personalità eminente doveva pronunciare il discorso funebre, detto epitafios. Finiti i funerali tutti i partecipanti alla cerimonia dovevano compiere funzioni purificatorie, per togliersi l'impurità proveniente dal contatto e anche dalla semplice vista della salma. Dopo le esequie, i congiunti del defunto si riunivano per una cena funebre; il terzo giorno dopo il funerale si compiva un sacrificio su un altare per propiziare le divinità al morto o, a seconda delle località, un sacrificio propiziatorio al morto stesso sulla sua tomba. Questi sacrifici si ripetevano ancora una volta al nono giorno. Era prescritto un periodo di lutto, ma la durata era differente, non solo a seconda del grado di parentela, ma a seconda delle località. Era comune in Grecia l'obbligo, come segno di lutto, di portare abiti scuri oppure bianchi. I capelli dovevano venire sciolti oppure tagliati e non era permesso né portare gioielli o altri ornamenti, né usare belletti o cosmetici. Il periodo prescritto per queste manifestazioni pubbliche di cordoglio variava, secondo le nostre testimonianze, nelle varie località dai 30 ai 150 giorni.

Alla fine del lutto si rinnovavano cerimonie religiose e, in ogni caso, usava accennare ai morti chiamandoli «buoni» (chrestoì). I defunti venivano ancora fatti oggetto di cerimonie di culto nei giorni anniversari della loro nascita, della loro morte, e anche nel giorno in cui venivano innalzate preghiere per tutti i defunti. In questa occasione le tombe venivano adornate con corone di fiori e di erbe, con nastri e con vasi particolarmente i leciti preferiti per le funzioni sepolcrali. Esistono casi di testamenti in cui è previsto che, con un capitale tolto dal patrimonio del defunto, venga costituita una fondazione, il cui reddito annuale deve servire a mantenere un'associazione per la celebrazione delle onoranze funebri del defunto e di tutti gli scomparsi parenti dei membri della pia confraternita.

Le tombe erano contrassegnate da stele, che venivano collocate spesso sopra una base a più scalini, di cui si posseggono parecchi esempi. Spesso la figurazione scolpita sulle stele funerarie era il ritratto del defunto, da solo, o nell'atto di congedarsi dai suoi cari, o in altri atteggiamenti. In ogni caso sulla tomba viene indicato il nome del defunto: talvolta senza altra precisazione, talvolta invece con il patronimico, anche il nome del marito, il luogo di nascita e persine l'età, e sovente finivano con il saluto chaire (sta' allegro); qualche volta, invece, sulle tombe si mettevano testi più elaborati, minacce contro chi osasse profanare la tomba o testi poetici... In alcuni casi, non ritrovandosi il corpo dell'estinto, perché disperso, era possibile onorarlo con una finta sepoltura nella quale si metteva un feretro vuoto con le offerte abituali.

Riti funebri a Roma

Nell'antica Roma, il maschio più anziano della casa, il pater familias, veniva chiamato al capezzale del moribondo, ove aveva il compito di raccogliere l'ultimo alito vitale di chi si trovava in agonia.

I funerali delle persone eccellenti venivano normalmente affidati a professionisti, veri e propri impresari di pompe funebri chiamati libitinarii. Nessuna descrizione diretta dei riti funebri è giunta fino a noi, comunque è dato supporre che generalmente, comprendessero una processione pubblica alla tomba (o alla pira, sulla quale il corpo veniva cremato). Di tale corteo val la pena notare soprattutto che talvolta i partecipanti portavano maschere con le fattezze del defunto. Il diritto di portare tali maschere era concesso per lo più a quelle famiglie tanto prominenti da aver ricoperto magistrature curili.

Mimi, danzatori, e musici, come pure lamentatrici professioniste (prefiche) venivano assunti dall'impresa per prendere parte ai funerali. I Romani meno scrupolosi potevano servirsi di mutue società funebri (collegia funeraticia) che svolgevano tali riti per loro conto.

Nove giorni dopo la sistemazione definitiva della salma, avvenuta mediante seppellimento o cremazione, veniva data una festa (coena novendialis), in occasione della quale veniva versato vino o altra bevanda di pregio sulla tomba o sulle ceneri. Poiché la cremazione era la scelta prevalente, v'era l'uso di raccogliere le ceneri in un'urna funeraria e deporle in una nicchia ricavata in una tomba collettiva chiamata columbarium (colombaia). Durante questi nove giorni, la casa era considerata contaminata (funesta), e veniva ornata di rami di cipresso o tasso perché ne fossero avvertiti i passanti. Alla fine del periodo, veniva spazzata e lavata nel tentativo di purificarla del fantasma del defunto.

Sette festività romane commemoravano gli antenati di una famiglia, compresa la Parentalia che si teneva dal 13 fino al 21 febbraio, per onorare appunto gli avi, e la Lemuria, che si teneva nei giorni del 9, 11 e 13 maggio, in occasione della quale si temeva che fossero attivi spettri (larvæ), che il pater familias cercava di placare con l'offerta di piccoli doni.

Riti funebri tra gli Etruschi

Il regno dei morti

Nei tempi più antichi gli etruschi credevano ad una qualche forma di sopravvivenza terrena del defunto. Da ciò nasceva l'esigenza, come forma rispettosa di omaggio, di garantirne la sepoltura e di dotarla di richiami al mondo dei viventi.

La tomba era quindi realizzata in modo da sembrare la casa del defunto, sia nell'architettura che negli arredi. Assieme al corpo venivano inumati anche i suoi beni più personali e preziosi, vestiti, gioielli, armi, oggetti di uso quotidiano. Sulle pareti del sepolcro erano dipinte scene dal forte significato vitale, come banchetti, giochi atletici, danze. Dal V secolo a.C. anche la concezione del mondo dei defunti risentì in modo più marcato dell'influenza della civiltà greca. Venne così a configurarsi un al di là, localizzato in un mondo sotterraneo, nel quale le anime dei defunti trasmigravano, abitato da divinità infernali e dagli spiriti di antichi eroi.

Il passaggio tra i due mondi era visto come un viaggio che il defunto compiva scortato da spiriti infernali. I più importanti di questi spiriti erano la dea Vanth dalle grandi ali che regge una torcia, il demone Charun, dal viso deforme, armato di un pesante martello, il demone Tuchulcha, dal volto di avvoltoio e dalle orecchie di asino, armato di serpenti. Il destino di ogni defunto era quindi di essere condotto in un mondo senza luce e speranza in cui il fluire del tempo era segnato dai patimenti delle anime che ricordavano i momenti felici delle loro vite terrene. Le sofferenze delle anime dei morti potevano essere alleviate dai parenti con riti offerte e sacrifici. Per personaggi particolarmente illustri doveva essere possibile, grazie a speciali cerimonie, provvedere alla beatificazione o in casi eccezionali alla deificazione.

Le tombe

Gli etruschi attribuivano grande importanza al culto dei morti, anche perché era un mezzo per l'affermazione del prestigio e della potenza di una famiglia. Possiamo distinguere diversi momenti nell'esercizio di questo culto e la sua evoluzione si rifletterà anche nelle tipologie delle necropoli. Nei primi tempi gli etruschi erano legati alla concezione della continuazione dopo la morte di una attività vitale del defunto. La tomba veniva così costruita nell'aspetto della casa e dotata di suppellettili e arredi, veri o riprodotti in miniature, a volte le pareti venivano affrescate con scene della vita quotidiana o dei momenti più significativi, sereni e piacevoli del defunto. Allo stesso modo, cornici, travature, soffitti, frontoncini, soffitti, tesi a ricostruire l'ambiente domestico, venivano dipinti oppure scolpiti nella roccia.

Gli esempi più antichi di tomba monumentale sono costruiti sul modello dell'abitazione allora in uso: una capanna a pianta circolare o ellittica. Si tratta infatti di sepolcri a pianta circolare edificati con grandi blocchi di pietra e coperti con una falsa cupola ottenuta dalla progressiva sporgenza verso l'interno dei filari dei blocchi fino ad una lastra terminale di chiusura. Alla camera sepolcrale si accedeva attraverso un breve corridoio dove spesso venivano poste offerte di cibo o suppellettili. Quando questa tipo di tomba venne abbandonata, si passò ad una scavata sottoterra, prima ad un solo ambiente poi a più a camere. Le tombe interamente scavate sottoterra, generalmente nei fianchi di colline, sono definite "ipogei", mentre quelle scavate in terreno pianeggiante e ricoperte da terra e pietrisco "tumuli".

Il nuovo tipo é caratterizzato da un ambiente centrale accessibile da un lungo corridoio al di là del quale si disponevano altri ambienti. La pianta poteva essere anche molto complessa con un corridoio, camere laterali, sala centrale con pilastri e banchine. I tumuli assumono a volte dimensioni monumentali, con diametro superiore ai 30 metri, e spesso contenevano varie tombe della stessa famiglia. Esempi di primo piano sono osservabili a Cerveteri e si ricollegano all'evoluzione delle tipologie abitative contemporanee alla necropoli (seconda metà del VII secolo a.C.), quando le case si organizzarono in due o tre ambienti affiancati e preceduti da una sorta di vestibolo oppure attorno ad una corte centrale. Dalla metà del VI e per tutto il V secolo a.C. si assiste ad un nuovo mutamento dell'impianto planimetrico delle necropoli. Le nuove tombe sono chiamate "a dado" e si allineano l'una di fianco all'altra, costituendo vere e proprie città dei morti con strade e piazze. All'interno delle tombe vi erano solo due ambienti, all'esterno scalette laterali portavano alla sommità del dado dove esistevano altari per il culto.

Tale cambiamento riflette un profondo mutamento della struttura sociale, con l'affermarsi di un ceto non aristocratico promotore di soluzioni abitative meno sfarzose. Inoltre, a causa dell'influenza del mondo greco erano cambiate anche le concezioni di fondo riguardo il destino dei defunti. Alla primitiva fede nella "sopravvivenza" del morto nella tomba, si sostituì l'idea di un "regno dei morti", immaginato sul modello dell'Averno greco.

I riti funebri

La morte di un personaggio appartenente ad una famiglia illustre era celebrata con la partecipazione al lutto di tutta la cittadinanza. Il giorno della sepoltura un lungo corteo si snodava dall'abitazione del defunto alla tomba della famiglia. Sacerdoti con i simboli del loro ufficio religioso, suonatori di flauto, parenti e conoscenti con offerte votive, accompagnavano il corpo trasportato su di un carro a quattro ruote. Dal corteo, che procedeva con grande lentezza, si alzava un misto di litanie, meste musiche, alti lamenti dei familiari e delle prefiche. Arrivati alla tomba, precedentemente preparata per la cerimonia, si procedeva al rito di sepoltura del defunto. Alcuni ritrovamenti di parti di testi religiosi riguardanti cerimonie funebri ci permettono di farci un'idea di quanta attenzione dovesse essere data dagli Etruschi a questo rituale. Purtroppo, la nostre incompleta conoscenza della lingua etrusca non ci consente di comprendere chiaramente il linguaggio specializzato di questi testi, e quindi non siamo in grado di ricostruire con precisione le cerimonie. Ciò che possiamo dire con certezza è che la preghiera, la musica e la danza vi avevano grande importanza; e che, al momento più intensamente religioso, si affiancavano giochi di destrezza, gare atletiche e combattimenti cruenti all'ultimo sangue.

La scultura funeraria

I canopi

Gli etruschi praticavano sia il rito dell'incinerazione che quello dell'inumazione.

I canopi sono vasi di terracotta per contenere le ceneri e sono formati con elementi della

figura umana. Inizialmente veniva rappresentata solo la testa, che fungeva da coperchio e

riproduceva in maniera generica, ma espressiva, i tratti somatici del defunto. Il canopo ha

subito nel tempo una serie di trasformazioni, fino a diventare una vera e propria statua

cineraria con testa e busto; non sempre rappresentava l'effigie del defunto, poteva anche

simboleggiare una divinità protettrice.

I sarcofagi - le urne cinerarie

I sarcofagi, quasi sempre in terracotta, sono la creazione più originale dell'arte etrusca. La

cassa è decorata con scene di combattimento o episodi mitologici di derivazione greca.

Il coperchio ha la forma di un letto e su di esso è adagiato il defunto, spesso

accompagnato dalla moglie. Le persone vengono rappresentate nel momento del

banchetto. I volti sono estremamente caratterizzati, vengono evidenziati senza pietà le

deformità del corpo o della vecchiaia. L'uomo etrusco, smarrito davanti al vuoto della

morte, tenta di colmarlo con le immagini reali del mondo. Ogni cosa si riempie di

significato e anche le imperfezioni o le deformità diventano rivelazioni di vita, tracce

concrete dell'esistere.

Le urne cinerarie, di travertino, terracotta, o alabastro (Volterra) ripropongono sia

nell'urna che nel coperchio gli schemi e i caratteri stilistici dei sarcofagi.







Inserire la password di amministratore:



Password:

Riga:


Fatal error: Call to undefined function sqlite_open() in /membri/giacobbe85/include/commenti.inc.php on line 324