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Luigi Pirandello

Il Fu Mattia Pascal

Scheda di riassunto e di commento

Anno di pubblicazione :1904

Tempo: primi decenni del XX secolo

Luogo: Miragno, Montecarlo, varie città d'arte italiane, Roma.

Trama

Mattia e Roberto Pascal erano figli di un uomo ricco e benestante, che morì giovane, quando i due fratelli erano ancora bambini. La madre, donna buona ma anche ingenua, affidò la gestione dei beni a Batta Malagna, il quale, invece di gestirli onestamente, li rubò lentamente alla famiglia, impoverendola. Quando Mattia fu grande, la moglie di Malagna morì ed l'uomo si risposò con la giovane Olivia. Tuttavia, da nessuno dei due matrimoni Malagna riuscì ad avere figli, addossandone la colpa alle mogli. Per dimostrare che non era impotente, Malagna iniziò a fare la corte alla figlia di una sua cugina, Romilda, della quale si era innamorato anche un amico di Mattia, Gerolamo Pomino. Mattia e Pomino, venuti a sapere delle cattive intenzioni di Malagna, decisero di salvare Romilda dal malintenzionato, cercando di indurla a sposare Pomino. Ma questi, a causa della sua timidezza, non aveva il coraggio di farsi avanti. Mattia dovette allora conoscere Romilda, per poi presentarle Pomino. Romilda si innamorò invece di Mattia, dal quale venne ricambiata. La giovane rimase così incinta di un figlio, che Malagna credette suo. Olivia fu allora colta da una profonda disperazione, poichè si credeva sterile. Mattia , per consolarla, le rivelò la verità, e affinché potesse dimostrare anche lei di non essere sterile, rimase incinta di un figlio da Mattia. Intanto però Romilda aveva rivelato a Malagna di chi fosse realmente il figlio che portava in grembo e Malagna si era detto disposto ad accettarlo e allevarlo come figlio proprio. Ma ora che anche la moglie era rimasta incinta, Malagna obbligò Mattia a sposare Romilda.

A causa dello stato sempre più precario della famiglia, Mattia era stato costretto ad andare ad abitare con la madre nella casa di Romilda. Ma la vita familiare era inasprita dalla madre di Romilda, che non sopportava i due nuovi ospiti. L'esistenza era così divenuta insostenibile, e Mattia, colpito anche dal dolore per la morte della propria madre, fuggì. Si recò così a Montecarlo, dove accumulò in poco tempo una grande ricchezza, giocando d'azzardo. Sulla via del ritorno, però, venne a sapere dai giornali che al suo paese era ritenuto morto, poichè un cadavere molto somigliante a lui era stato rinvenuto. Mattia decise quindi di approfittare della ricchezza e della sua nuova libertà per non tornare più a Miragno. Viaggiò invece per molte città italiane ed estere sotto il falso nome di Adriano Meis. Dopo un anno di viaggi, sentendo ormai la solitudine, decise di stabilirsi a Roma, affittando una camera presso una famiglia. La proprietaria era Adriana, donna della quale Mattia si innamorò, ricambiato. Durante una delle sedute spiritiche organizzate da Anselmo Paleari, padre di Adriana, il cognato di Adriana, Terenzio Papiano, con l'aiuto del fratello Scipione, rubò a Mattia parte della sua ricchezza. Adriana allora pregò Mattia di denunciare l'accaduto, volendo così approfittare dell'occasione per liberarsi definitivamente del malvagio cognato. Ma Mattia non fu in grado di farlo, poichè viveva sotto falso nome, e per lo stesso motivo non poteva nemmeno sposare Adriana. Decise così di non denunciare il fatto e di cercare di far cambiare in tutti i modi i sentimenti di Adriana verso di lui. Durante una visita a Napoli, presso il marchese per il quale lavorava Papiano, Mattia iniziò così a fare la corte ad una giovane benestante, il cui fidanzato era spagnolo. Tra Mattia e lo spagnolo sorse una lite, che i due decisero di risolvere con un duello. Tuttavia, ancora una volta, a causa del suo falso nome, Mattia non poté partecipare al duello. Per togliersi da quella situazione, decise di fingere un suicidio nel Tevere.

Partì poi per Miragno, dove Romilda si era risposata con Pomino. Intenerito dalla loro figlia, decise di non far annullare il loro matrimonio, e, dopo aver rivelato a tutti che era vivo, andò a vivere da una sua zia.

Commento

La trappola

Questo libro presenta molti spunti di riflessione e mostra la filosofia di Pirandello nei confronti della società e della vita. Il tema attorno al quale ruota tutto il romanzo è quello della "trappola", che si presenta subito all'inizio del libro nella descrizione del protagonista, Mattia Pascal. Attraverso le parole del protagonista stesso, che racconta in prima persona, Pirandello fa conoscere al lettore la vita di Mattia Pascal, non in modo dettagliato, ma delineandone i tratti più importanti e mettendo in evidenza gli elementi che poi contribuiranno alla nascita della "trappola". Durante la giovinezza, la condizione sociale di Mattia è agiata, perchè il padre è il tipico borghese intraprendente, che grazie al commercio riesce ad accumulare denaro, che poi investe comperando immobili e terreni al suo paese. In questo modo Mattia trascorre una giovinezza benestante, abituato agli agi di una famiglia borghese: può per esempio permettersi un insegnante privato, Pinzone. Ma crescendo, la vita ovattata della gioventù inizia a svanire e si delineano le caratteristiche della trappola sociale. L'amministratore dei beni di famiglia, Batta Malagna, lentamente ruba tutte le ricchezze della famiglia, tanto che Mattia, diventato ormai adulto, è costretto a cercarsi un lavoro, diventando bibliotecario nella biblioteca locale. Il cambiamento è duro, perchè Mattia passa da borghese, che vive di rendita, a impiegato statale. Oltre alla condizione economica, anche la situazione familiare si aggrava. Mattia infatti mette incinta la moglie di Batta Malagna. L'uomo pretende allora, come risarcimento morale, che Mattia sposi Romilda, una sua nipote. Il matrimonio di Mattia non è quindi basato su sentimenti veri, ma è semplicemente il frutto di una convenzione sociale.

In questo consiste la "trappola" sociale di Pirandello: la società impone all'uomo delle convenzioni e degli obblighi che gli impediscono di essere sé stesso, di essere una vera persona, obbligandolo a indossare una maschera. E non a caso in questo libro il soggetto principale è una persona che appartiene al ceto borghese, dove le convenzioni, il perbenismo ed i comportamenti stereotipati avevano largo spazio, molto più che in altri ceti, come per esempio quello popolare. L'identità stessa di una persona, cioè il suo nome, il suo carattere, le sue capacità, il suo aspetto fisico, non sono altro che una convenzione, una "maschera" che la società impone all'individuo di indossare. Ne è prova il fatto che Mattia può, anche se grazie a un caso fortuito, cambiare identità, diventare una persona completamente nuova, con nuovi amici, nuovi amori, una nuova famiglia e una nuova reputazione. Insomma, il protagonista non fa altro che cambiare maschera e passare da Mattia Pascal ad Adriano Meis.

La fuga e l'errore del protagonista

Per tentare di risolvere il problema della trappola sociale che lo opprime, Mattia adotta una soluzione realistica, che molte persone avrebbero adottato: la fuga. Inizialmente la sua intenzione era di recarsi in America, per cercare di ricostruirsi una nuova vita. Ma poi delle coincidenze fortuite gli aprono altre possibilità: una grande vincita ottenuta giocando d'azzardo a Montecarlo gli permette di raggiungere la stabilità economica, e la sua presunta morte lo libera da ogni obbligo davanti alla legge. Mattia cioè si trova in circostanze fortunate per le quali la sua trappola sociale viene annullata, i problemi economici e di famiglia cessano di esistere. A questo punto il protagonista sente di essere davvero libero: "Ah, un pajo d'ali! Come mi sentivo leggero!" (cap. VIII.).

Ma a questo punto della storia emerge una morale sulla nuova condizione di Mattia Pascal: la libertà comporta comunque degli obblighi. L'uomo non può vivere per forza contemporaneamente tutte le possibilità che la vita gli offre. Deve per forza operare una scelta e porsi in una determinata condizione di vita, che implica dei vantaggi e degli oneri, il ricevere qualcosa e il rifiutare qualcosa. Anche la libertà è una condizione nella quale l'uomo può trovarsi nella vita, e quindi implica, oltre a vantaggi, anche obblighi da sostenere. Ne è la prova la condizione di Adriano Meis. Il "nuovo" uomo in effetti ha una grandissima libertà: può fare praticamente tutto ciò che vuole, perchè ha disponibilità economica ed una nuova identità da creare e inventare come preferisce. Ma sotto questa libertà si nascondono anche dei pesanti obblighi. L'onere di Adriano Meis è di essere completamente estraneo alla società. La sua libertà ha origine dalla estraniazione dal tessuto sociale e quindi implica che l'uomo ne resti escluso.

Per Pirandello, Adriano ha fatto il primo passo verso la totale eliminazione della trappola sociale e delle maschere che essa impone: le ha rifiutate ed è fuggito. Ma a questo punto Adriano compie un errore. L'obbligo che la sua libertà gli impone è troppo grande per lui: l'estraniazione totale di Adriano Meis dalla società è troppo duro da sopportare e si concretizza in un grandissimo senso di solitudine. Adriano alla fine cede e decide di ritornare nella società: si stabilisce a Roma, conosce delle persone, stabilisce dei legami affettivi, si innamora di nuovo. E contemporaneamente ricompare, accanto al problema sentimentale, dato dall'amore per Adriana, anche il problema economico, dovuto al furto di denaro che il protagonista subisce. Appena Adriano rientra nella trappola della società, ecco che si ripresentano di nuovo, anche se allo stato embrionale, i problemi del passato: le difficoltà affettive ed economiche. Il protagonista inoltre si accorge che la sua nuova maschera, quella di Adriano Meis, è molto più scomoda da indossare che non quella di Mattia Pacal. Infatti Adriano, che è un nome inventato, non può usufruire dei vantaggi che un'identità legale offre. Così non può sposare Adriana, non può denunciare Papiano , non può prendere parte al duello. Il protagonista si accorge cioè che delle due maschere indossate, tutto sommato quella di Mattia era la migliore, e che la sua libertà, che credeva un dono così grande, si è invece rivelata un grande onere. Decide così di lasciare la sua nuova maschera per ritornare alla vecchia, quella di Mattia Pascal. Ma al ritorno, una nuova situazione lo attende: Romilda, sua moglie, si è risposata con Pomino, il suo vecchio amico di infanzia. Così anche la prima identità del protagonista, quella di Mattia Pascal, non può essere recuperata, perchè una sua parte essenziale è mutata: la famiglia. Il protagonista deve quindi rassegnarsi a vivere lontano dal mondo sociale, dedicandosi al lavoro in biblioteca e alla stesura del racconto della sua vita.

Il significato del libro

Questo libro presenta due significati, uno più evidente, che salta subito all'occhio, e uno più nascosto, che però ha un valore molto più profondo. Entrambi le morali sono espresse in modo evidente nell'ultima parte del cap. XVIII, e, quasi per porle a confronto, sono poste vicine nel testo.

Il significato più evidente è la dimostrazione che al di fuori della società e della trappola sociale è molto difficile vivere, perchè l'uomo trova molte limitazioni: l'organizzazione sociale offre dei vantaggi che la singola persona non potrebbe ottenere, e allo stesso tempo impone delle convenzioni che, come l'identità, se non sono accettate, creano delle grandi restrizioni alle possibilità dell'uomo. Questa morale è espressa da Don Eligio nel cap. XVIII del libro: "[...] fuori della legge e fuori di quelle particolarità, liete o tristi che siano, per cui noi siamo noi [...] , non è possibile vivere".

Ma in realtà il significato del libro va più in là della semplice dimostrazione della necessità della società per l'uomo. Mattia Pascal è un personaggio che ha iniziato un percorso verso la liberazione dalla trappola e dalle maschere sociali. Grazie alla sua storia incredibile, Mattia ha capito che l'identità di una persona è qualcosa di fittizio, una convenzione imposta dalla società, che imprigiona l'uomo e non gli permette di essere se stesso. Lo afferma sempre nel cap. XVIII, appena dopo la morale di Don Eligio : "Non sono affatto rientrato né nella legge, né nelle mie particolarità. [...] io non saprei proprio dire ch'io mi sia.". Costretto dalle circostanze, cioè il matrimonio della moglie con un'altra persona, Mattia deve ammettere di non aver recuperato la sua vecchia identità, e quindi di non essere nessuno. Il titolo stesso del libro contiene in sé questo significato, che è la vera morale del romanzo: "Il fu Mattia Pascal". Nel corso della storia, il protagonista si rende conto dell'inesistenza della sua identità, che quindi alla fine del libro è "morta", perchè non esiste più ai suoi occhi.

Ma sempre il titolo fa emergere il limite del pensiero del protagonista: Mattia si rende conto che non è nessuno e che la sua identità è fasulla, ma non riesce a rifiutarla. Non riesce a rinunciare completamente al proprio nome, e quindi non può sfuggire completamente alla trappola sociale e alle maschere, perchè le rincorre ancora. Infatti nella parte conclusiva del libro, afferma "Io sono il fu Mattia Pascal": l'uomo sa cosa non è più, perchè ha perso l'identità, ma non sa cosa deve essere, cioè una persona che rifiuta la società e le sue maschere.

La narrazione

Per comprendere a pieno il libro, è necessario analizzare il modo in cui è scritto. La vicenda è narrata in prima persona da Mattia Pascal, che al termine delle proprie avventure decide di scrivere una specie di autobiografia che narri quanto gli è accaduto. In teoria, quindi, il narratore della vicenda è omnisciente, perchè, avendo già vissuto tutti i fatti, conosce già come termineranno. Ma il narratore non rende partecipe il lettore della sua omniscienza: non inserisce anticipazioni su ciò che accadrà e non esprime giudizi sugli avvenimenti. Il punto di vista che viene offerto al lettore è quello che il protagonista ha in quel momento della narrazione, anche se questo punto di vista è sbagliato. Ne sono prova le due grandi scelte errate che durante la storia Mattia compie, che vengono presentate inizialmente come giuste, perchè così apparivano al protagonista in quel momento. Il primo errore comprende l'illusione di avere una grande libertà dopo la vincita di Montecarlo e la presunta morte e la decisione di non rifiutare le convenzioni sociali, ma di rientrare nella trappola della società con una nuova identità, quella di Adriano Meis. Il secondo grande errore è quello di cercare di ritornare a essere Mattia Pascal, che però fallisce, perchè ormai sua moglie si è risposata. Il narratore sa che queste due scelte si riveleranno sbagliate, ma nel momento in cui vengono prese, le presenta come giuste, perchè questo era il suo pensiero in quell'istante. Di fatto, quindi, anche se il lettore si trova davanti a un narratore omnisciente, può comunque seguire lo svolgimento della storia senza conoscerne il finale, e quindi è come se il protagonista vivesse le vicende per la prima volta.

La scelta di Pirandello di presentare le vicende sotto un punto di vista limitato a quello del protagonista ha un preciso significato. L'autore vuole mostrare l'evoluzione seguita dal personaggio: all'inizio del libro Mattia è convinto della propria identità e della società, ma durante il corso della storia, muta la sua convinzione, e alla fine del romanzo ha scoperto di non essere nessuno, che l'identità è solo una convenzione, una maschera imposta dalla società, e si rassegna a vivere in tranquillità dedicandosi alla sua attività di bibliotecario. In questo senso il libro può essere visto come un testo didattico: Pirandello, mostrando il processo di trasformazione del personaggio, vuole convincere anche il lettore della sua filosofia sulla società, che non potrebbe essere dimostrata meglio che con un esempio concreto.




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