IMC!


Contenuti


Foto

 







Curiosando...
Novita  Novità Link  Link Blog  Blog English  Español 

Cesare Pavese

La luna e i Falò

Scheda di riassunto e di commento

Anno di pubblicazione: 1950

Tempo: immediato dopoguerra della II Guerra mondiale

Luoghi: Santo Stefano Balbo, un paese nelle Langhe (Piemonte meridionale)

Trama

Il romanzo La luna e i falò è narrato in prima persona dal protagonista, di soprannome Anguilla. Il libro si apre con il ritorno del protagonista al suo paese, nel tentativo di ritrovare una propria identità e un senso alla sua esistenza, dopo aver fatto fortuna come emigrante in America. Ma al suo arrivo in paese, Anguilla non riconosce più né luoghi, né persone, che sembrano mutati e ormai lontani dalla sua vita. L'unica persona con la quale il protagonista si ritrova è Nuto, il vecchio amico d'infanzia. Nuto è sempre stato, fin dalla giovinezza, una guida e un punto di riferimento per Anguilla: molto bravo nel suonare vari strumenti, gli aveva aperto gli occhi davanti alla dura realtà della vita. Anche ora, a distanza di tanto tempo, Nuto conserva il suo ruolo, anche perchè è sempre rimasto al paese, e quindi può mostrare all'amico tutti i cambiamenti che sono avvenuti. Rivedendo i vari luoghi nei quali è cresciuto, e attraverso la guida di Nuto, Anguilla può ricordare la sua giovinezza.

Anguilla era un trovatello, adottato da una famiglia di poveri contadini, che viveva in un podere chiamato Gaminella, nel paese di Santo Stefano Balbo, sulle colline delle Langhe. A causa della povertà, all'età di tredici anni, Anguilla aveva dovuto abbandonare la famiglia adottiva e trasferirsi a lavorare presso La Mora, dove viveva una famiglia di possidenti terrieri benestanti, con capofamiglia Sor Matteo, il quale aveva tre figlie: Irene, Silvia e Santa. Gli anni dell'adolescenza, con la scoperta del lavoro vero, dell'altro sesso e delle durezze della vita, trascorsero così alla Mora, dove il protagonista conobbe Nuto, amico inseparabile. Terminata l'adolescenza, Anguilla andò a Genova a svolgere il servizio di leva. Qui entrò in contatto con ambienti antifascisti e fu costretto a fuggire in America per evitare di essere catturato dalla polizia. In America rimase vari anni, facendo fortuna, per poi ritornare al suo vecchio paese, che non aveva mai dimenticato.

Rivisitando i luoghi della sua infanzia, Anguilla trova che la Gaminella è occupata da un nuovo coltivatore, il Valino, che lavora come mezzadro alle dipendenze di una nobile. Il Valino ha un figlio, Cinto, nel quale il protagonista rivede sé stesso da giovane. Per questo si prende cura di lui, regalandogli anche un coltello, strumento che permetterà a Cinto di salvarsi dalla furia del padre. Infatti la vita per il Valino è più dura di quanto non fosse per la famiglia di Anguilla, perchè il mezzadro è costretto a dividere il raccolto con la sua padrona, mentre il padre di Anguilla era proprietario della terra e ne consumava tutti i frutti. Per dare sfogo alla rabbia causata dalla povertà, il Valino picchia spesso i suoi familiari. Un giorno, quando la condizione economica si aggrava, il Valino uccide tutta la famiglia, dà fuoco alla Gaminella e poi si impicca. L'unico a salvarsi è Cinto, che può difendersi grazie al coltello ricevuto in dono e fuggire.

Tra i ricordi di Anguilla c'è anche la vita trascorsa alla Mora. In particolare, il luogo sembra legato all'altro sesso, alla descrizione dei ricordi di donne. Nei capitoli ambientati alla Mora, Anguilla racconta delle figlie del capofamiglia, il Sor Matteo. Irene, la maggiore, aveva un carattere tranquillo e posato e spesso soffriva di solitudine. Era molto bella, con la carnagione chiara e bionda, e il protagonista, che era un suo servo, non osava nemmeno sperare di poter avere una storia sentimentale con lei. Irene sposò un uomo che la maltrattava e che conduceva una vita dissoluta, ma l'autore non osa parlare nel libro della sua morte. La seconda ragazza, Silvia, era diversa dalla sorella. Era meno bella di Irene, ma aveva capelli scuri e un carattere più impulsivo e passionale. Anguilla era sempre stato attratto, senza ovviamente essere corrisposto, da quella ragazza, che morì di emorragia in seguito a un aborto, dopo una relazione al di fuori del matrimonio. Il libro si conclude con il racconto, da parte di Nuto, della morte della terza delle tre sorella, Santa: molto più bella delle altre sorelle, appare come una fusione delle altre due, bionda, ma con un carattere impulsivo e passionale. Dopo aver avuto numerose relazioni con molti uomini sostenitori del Fascismo, quando il Regime era caduto, si era schierata con i partigiani, che facevano capo a Baracca. Dopo un certo periodo di tempo, aveva iniziato a fare il doppio gioco, passando informazioni partigiane ai fascisti. Allora era stata processata dai partigiani e uccisa. Il libro si conclude con la decisione di Anguilla di partire da Balbo.

Commento

Il titolo

Il titolo del libro non si riferisce direttamente al contenuto del testo, ma ha valori simbolici. Nell'antichità il fuoco e la luna erano simboli degli dei ed il fuoco era utilizzato durante i sacrifici. Questi due elementi naturali si caricano così di un significato mitico, che rimanda all'antico culto degli dei. In questo modo l'autore vuole esprimere il tema fondamentale del libro: il ritorno al passato, la ricerca delle proprie origini e della propria identità. Ma indicano anche il ritorno ad un'età , l'infanzia, che per l'autore appare mitica e divina, priva delle sofferenze e dei dubbi della vita adulta. Ma la luna e i falò sono anche importanti elementi della vita del contadino, che accende fuochi per rendere più feconda la terra e segue le fasi della luna per regolare le attività agricole. In questo modo, l'autore indica che la vita e la società contadine sono il soggetto principale del libro. E indica anche il modo in cui sono trattate: la luna che regola l'attività agricola e i falò che fecondano la terra rappresentano due aspetti molto concreti della vita di campagna, che quindi non è trattata nel libro con attributi aulici e idilliaci, ma con realismo.

Infine, si può dire che la luna e i falò contengano in sé anche la conclusione stessa del libro. Essi infatti sono il simbolo della divisione tra Anguilla e il mondo contadino. Sono l'unico argomento sul quale il protagonista si trova in disaccordo completo perfino con Nuto, l'unico insegnamento che non accetta del suo amico-guida. "Ne avevo sentite di storie, ma le più grosse erano queste" (cap. IX), dice Anguilla riguardo al potere dei falò accesi dai contadini di rendere fecondo il raccolto, mentre Nuto ci crede sul serio. "La luna, [...] bisogna crederci per forza" (cap. IX), dice invece Nuto davanti all'incredulità del protagonista, che giudica semplice superstizione. In questo modo la luna e i falò mostrano lo stacco che c'è tra il mondo contadino e Anguilla, ormai abituato al mondo industriale, evoluto e civile.

La divisione del testo

Il testo è diviso in trentadue capitoli, ma nella narrazione dell'autore si possono individuare tre blocchi principali, diversi per temi e contenuti. La prima parte racconta dell'arrivo del protagonista a Balbo, e va dall'inizio del libro fino al capitolo XIII. Anguilla è stato a lungo lontano dal suo paese natale, e per questo, al suo arrivo, i ricordi che gli si affollano nella mente sono confusi, disordinati e frammentari. Così gli argomenti trattati non seguono un filo logico, ma variano continuamente. Qualcosa sentito o visto nel presente dà lo spunto per ricordare il passato, dal quale si ritorna al presente e alla sua diversità da ciò che appartiene ormai a un tempo remoto. E' il momento dell'ambientazione del protagonista in un mondo che gli è sconosciuto, in parte perchè cambiato, in parte perchè non lo ricorda più. Così Anguilla descrive l'ambiente geografico e sociale del suo paese, le sue usanze, le sue feste, ricorda le sue origini, la sua famiglia. Ma è anche il momento in cui prende atto dei mutamenti che sono avvenuti in quelle zone. Nuto ha fatto la vita del musicante e ora lavora regolarmente. E' cambiato, non è più il giovane sicuro e spigliato di una volta. E' diventato più saggio e più maturo, ha conosciuto la durezza della vita. Nel capitolo IV Anguilla dice: "Da quando ci eravamo rivisti, non mi ero ancora abituato a considerarlo diverso da quel Nuto scavezzacollo e tanto in gamba che c'insegnava a tutti quanti e sapeva sempre dir la sua". La Gaminella non appartiene più alla sua famiglia, ma al mezzadro Valino, che nella scala sociale occupa una posizione inferiore rispetto alla famiglia di Anguilla: il mezzadro è costretto a spartire, il libero contadino no. Le persone più importanti di un tempo se ne sono andate tutte: la sua famiglia dalla Gaminella, il Sor Matteo e le sue figlie dalla Mora. Anguilla introduce i personaggi che accompagneranno la sua permanenza a Balbo: Nuto, il Valino, Cinto.

I vari argomenti della narrazione sono presentati seguendo il filo della memoria o di una chiacchierata, fatta ad esempio con Nuto. Ma non viene seguito lo schema del flusso di coscienza. Il racconto non passa da un argomento all'altro liberamente, come un pensiero. In alcuni casi c'è un cambio netto di argomenti nel testo, come per esempio tra due capitoli, e talvolta l'autore utilizza il discorso indiretto libero o riporta pensieri liberi, ma la narrazione segue comunque un filo logico, quello del ricordo. Tutto il testo è giocato su due piani: il presente e il passato, che non sono sciolti tra loro, ma si richiamano a vicenda: dal presente c'è lo spunto per tornare al passato, e dal confronto con il passato c'è il ritorno al presente. Anguilla, ad esempio, rivedendosi in Cinto, trae spunto dal ragazzo per parlare della sua fanciullezza.

Dopo aver fatto ordine nella memoria e aver riportato alla luce tutti i ricordi, Anguilla può iniziare a ripercorrerli in modo più lineare e preciso. Inizia qui la seconda parte del libro, dove i ricordi sono descritti in modo più chiaro e logico. Lo stacco è dato anche dal passaggio del protagonista dalla Gaminella alla Mora, che simbolicamente rappresenta il passaggio dalla fanciullezza, che ha come orizzonti del mondo la semplice famiglia, all'adolescenza, quando gli orizzonti si aprono e il mondo diventa più grande e più ricco: la fatica, l'altro sesso, il dolore della vita. Alla Mora il processo di conoscenza del mondo è graduale. Durante i primi anni, Anguilla svolge mansioni leggere, poi inizia a lavorare veramente, ricevendo il suo primo stipendio da uomo. Intanto inizia a scoprire il mondo, le feste del paese, i dolori della vita, grazie al suo amico-guida Nuto. E scopre anche l'altro sesso, del quale racconta molto, soprattutto riguardo a Silvia e Irene. Ma non mancano altre figure femminili, alle quali sono dedicati interi capitoli, come Rosanne, donna spregiudicata dell'America. Alla Mora inizia un processo di apertura progressiva al mondo, che non è poi tanto diverso da quello che molte altre persone avevano vissuto: prima Anguilla aveva allargato i suoi orizzonti più in là dell'ambiente familiare, passando dalla Gaminella alla Mora, in seguito era andato oltre il mondo della Mora, allargando le sue vedute ai paesi delle Langhe, poi si era recato a militare a Genova, conoscendo la realtà della grande città, e da qui, aprendo ancora di più le sue prospettive, era andato addirittura in un "nuovo mondo", l'America, regolato da leggi del tutto diverse dalle sue, dove "tutti sono bastardi" e le radici non contano.

Dopo aver riordinato e ripercorso tutti i ricordi, Anguilla si rende conto che per lui è impossibile ritornare alle origini e ristabilirsi nel suo vecchio paese, riacquistando i ritmi della vita contadina. E seguendo l'amara conclusione del protagonista, anche i suoi ricordi hanno un epilogo doloroso. Inizia così la terza parte del libro, che contrasta nettamente con la seconda, dove i ricordi erano presentati sotto una luce positiva. I personaggi della Mora, che avevano accompagnato Anguilla nella sua adolescenza, hanno tutti una fine triste. Il Sor Matteo muore dopo un lungo periodo di infermità. Silvia, dopo essersi abbandonata a una vita sentimentale sempre più dissoluta, muore di emorragia a causa di un aborto. Irene si sposa con Arturo, che la maltratta e conduce una vita dissoluta. Anche Santa, l'ultima figlia del Sor Matteo, fa una brutta fine. Prima fa la "cagnetta", come dice Nuto, per i fascisti, poi passa dalla parte dei partigiani, ma continua a fare la spia, passando informazioni ai fascisti. Perciò viene catturata e fucilata dai partigiani. Con lei muore l'ultimo legame che Anguilla aveva con la Mora. Ma anche la Gaminella viene distrutta da un incendio. In questo modo, tutti i legami sentimentali che il protagonista aveva con Balbo vengono a mancare. Sembra che anche i fatti avvalorino la situazione di Anguilla: per lui è impossibile tornare a vivere nel suo paese.

La conclusione del libro

Sicuramente Anguilla ritorna al paese nel quale è cresciuto per un motivo ben preciso: non a caso il libro si apre con le parole "C'è una ragione perchè sono tornato in questo paese". Il protagonista sente che la vita è precaria, che le stagioni trascorrono e il passato non torna più : "Di tutto questo, della Mora, della vita di noialtri, che cosa resta?", si chiede Anguilla nel cap. XXVI. Per questo il protagonista ritorna al suo paese: per cercare un senso alla vita, per trovare dei punti di riferimento, che non passino via come le stagioni che fino a quel momento aveva vissuto. Anguilla aveva vissuto prima nelle Langhe, poi a Genova, poi in America, e ora, dopo aver cambiato molte volte di casa, torna alle origini, per cercare qualcosa che gli dia sicurezza e che non sia trascorso. Inoltre Anguilla è un ragazzo trovatello, e questo accentua ancora di più il suo desiderio di trovare le sue radici, che cerca a Santo Stefano Balbo. Per questo motivo il libro è ricco di riferimenti mitici, come la luna, i falò, il rogo quasi sacrificale del corpo di Santa: il viaggio di ritorno di Anguilla è un viaggio verso le origini, verso il passato, al quale appartiene il mito. Questo viaggio è anche un ritorno a ciò che può dare un senso alla vita, verso ciò che può salvare il protagonista dalla caducità dell'esistenza, e perciò si riempie di un significato divino.

Ma la conclusione di questa ricerca è ambigua, e può essere vista in senso positivo o negativo. Il libro può avere un epilogo tragico, se si pensa che il protagonista aveva veramente intenzione di tornare a vivere al suo paese d'origine e riacquistare i ritmi della vita contadina. In questo caso la conclusione di Pavese è negativa: dopo aver conosciuto la civiltà, il progresso, il mondo industriale, è impossibile ritornare a una vita più semplice e primitiva come quella dei contadini, che appare ormai lontana. In questo senso, il pensiero di Pavese non si discosta poi molto dalla filosofia del "buon selvaggio" di Rousseau: l'uomo che vive a contatto con la natura è nel suo cuore puro e buono. Sono la civiltà e il progresso che corrompono l'uomo e lo rendono infelice.

Al contrario, il libro ha una conclusine felice se si pensa che Anguilla non voleva davvero ritornare a vivere al suo paese, ma solo compiervi un viaggio di conoscenza, nel quale potesse trovare più risposte ai suoi dubbi esistenziali. In fondo questa tesi è avvalorata dall'epigrafe iniziale che introduce il libro: "Ripeness is all", cioè "Maturare è tutto". Forse Anguilla già all'arrivo sapeva che sarebbe ripartito, perchè ormai il suo mondo e quello dei contadini erano troppo distanti. Ma è tornato lo stesso al suo paese per maturare.

Il viaggio

Il ritorno di Anguilla al suo paese rimanda ad altri viaggi famosi, cioè i viaggi di Ulisse, descritti nell'Odissea, e di Dante, descritti nella Divina Commedia. Sia Ulisse che Anguilla compiono il viaggio per lo stesso motivo: ritrovare la propria patria e le proprie origini, dopo lunghe peregrinazioni in terre lontane e estranee. Ma la conclusione del loro viaggio è diversa: mentre Ulisse ritorna alla sua patria e riesce a recuperare le sue origini, ristabilendo l'ordine nell'isola, Anguilla non può fermarsi nel suo paese ed è costretto a ripartire. Ma se il protagonista del libro di Pavese viene paragonato non all'Ulisse dell'Odissea, ma all'Ulisse di Dante, allora anche questa differenza svanisce. Anche Ulisse, per Dante, non riesce a fermarsi nel suo paese, perchè il desiderio di conoscenza lo spinge a viaggiare. Così, anche se per motivi diversi, Ulisse e Anguilla sono accomunati nell'assenza di un luogo fisso in cui vivere, nella necessità continua di viaggiare, alla ricerca di ciò che manca loro: la conoscenza per Ulisse, le proprie radici per Anguilla.

Il collegamento all'Ulisse dantesco evidenzia la somiglianza del percorso di Anguilla con un altro grande viaggio: il viaggio che Dante compie nella Divina Commedia. Anche in questo caso, i due viaggi hanno la stessa funzione: la salvezza e la redenzione dei due pellegrini, nel caso di Dante dal peccato, nel caso di Anguilla dall'assenza di origini e dalla caducità della vita. Se si interpreta il viaggio di Anguilla come viaggio di maturazione (vedi la seconda ipotesi nel paragrafo Le due conclusioni), allora i viaggi dei due personaggi possono essere definiti di "transito": non vengono compiuti per arrivare ad un luogo e restarvi, come poteva invece essere il viaggio di ritorno a Itaca di Ulisse nell'Odissea, perchè il loro scopo non è la meta, ma il viaggio in sé. Sia Dante che Anguilla visitano dei luoghi, apprendono molti insegnamenti sulla vita, e poi li abbandonano. Per Dante il viaggio è salvezza dal peccato, per Anguilla è maturazione e presa di coscienza delle proprie origini. Infine, entrambi i pellegrini hanno una guida: Virgilio per Dante e Nuto per Anguilla.

A Nuto si può ben adattare l'espressione che Dante usa per Virgilio : "Tu duca, tu segnore, tu maestro" (Divina Commedia, Inferno, Canto II, v. 140). Nuto era stato ed è duca per Anguilla: in passato lo aveva guidato alla scoperta della vita da adulto, delle ragazze, della fatica, mentre ora lo guida alla riscoperta della sua infanzia e delle sue origini, accompagnandolo durante il suo ritorno a Balbo. Nuto era stato ed è maestro per Anguilla: gli aveva insegnato molte cose sulla vita quando si erano conosciuti alla Mora da giovani, e ora lo mette a conoscenza di tutti i fatti che sono avvenuti durante la sua assenza. E il modo stesso con il quale Nuto e Anguilla si presentano nel libro allude a Virgilio e a Dante: i discorsi dei due amici, gli insegnamenti di Nuto, le scoperte di Anguilla avvengono sempre mentre i due compagni sono in movimento, mentre vanno alla Gaminella, o alla Mora, o passano per strada, o salgono sulla collina. Talvolta il dialogo tratta di un argomento che non ha legami con l'ambiente circostante, talvolta invece trae spunto da ciò che viene incontro ai due amici durante il loro cammino. Allo stesso modo avviene nella Divina Commedia tra Dante e Virgilio. Infine, sia Dante che Anguilla mostrano una grande ammirazione per le loro guide, che diventano così quasi dei segnori. L'ammirazione vale per il passato, quando Virgilio è stato modello nella letteratura per Dante e Nuto modello di vita per Anguilla, e per il presente, quando i due maestri continuano a insegnare e guidare di due amici.





Inserire la password di amministratore:



Password:

Riga:


Fatal error: Call to undefined function sqlite_open() in /membri/giacobbe85/include/commenti.inc.php on line 324