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Saggio di riassunto ragionato sulla filosofia aristotelica

Aristotele, allievo di Platone, fu molto influenzato dal maestro, ma si staccò poi dal suo pensiero e ne formulò uno proprio. Aristotele ebbe molti interessi, in particolare si dedicò alla matematica, alle scienze naturali, all' economia, alla politica e alla retorica. Dei suoi scritti ci perviene quasi tutto: vi sono scritti essoterici, per le persone al di fuori della scuola, esoterici, per quelle all' interno, trattati filosofici, esposizioni sistematiche di un pensiero, dialoghi in memoria di Platone e diversi libri, tra cui i più importanti sono "Metafisica", "Fisica", "De anima", "Etica nicomachea", "Etica eudemia" e "Politica".

Aristotele distinse tre scienze: le teoretiche, considerate la forma di sapere più elevato, perché hanno come scopo il puro sapere teoretico, ne fanno parte la metafisica, la matematica e la fisica; le pratiche, che comprendono l' etica e la politica ed hanno l' obiettivo di arrivare alla perfezione morale e al bene comune, e le poietiche in cui la poesia mira, grazie alla conoscenza, a produrre oggetti e la retorica ad acquisire l' abilità di saper maestrare un buon discorso.

A differenza di Platone, Aristotele fu più rigoroso, non fece uso del mito e spiegò l' esistenza di Dio solo razionalmente; inoltre il suo interesse verso la matematica fu secondario. Aristotele concepì la filosofia come puro sapere teoretico, lo scopo della filosofia è, quindi, quello di soddisfare la sete di conoscenza, senza voler ottenere scopi precisi; inoltre la filosofia è la scienza prima, l' anima unificatrice ed organizzatrice delle scienze, in quanto studia il loro comune fondamento, mentre Platone concepiva la filosofia in relazione alla politica e quindi al bene della comunità.

Anche per Aristotele, come per Platone, esistono la realtà fisica e quella metafisica. Aristotele attribuisce quattro significati alla metafisica: aitiologia, ontologia, usiologia e teologia.

Aitiologia deriva dal greco aitios e logos, significa "studio delle cause" della realtà in generale, sia fisica che metafisica; le cause che Aristotele distingue sono quattro: materiale, ciò di cui una cosa è fatta, formale, l' essenza dell' oggetto, efficiente, ciò che l' ha prodotta e finale, lo scopo per cui l' oggetto è stato prodotto. Per Platone la causa del mondo aveva caratteristiche opposte al mondo, per Aristotele, invece, la causa, Dio, è sia immanente che trascendente al mondo stesso; infatti, Aristotele critica la teoria delle idee di Platone, perché le idee sono trascendenti il mondo, vanno cioè oltre il mondo sensibile.

L' ontologia studia l' essere in quanto essere, sia sensibile che soprasensibile; Aristotele si collega sia ad Eraclito perché passa dalla cosmologia alla cosmontologia che a Parmenide, perché fu il vero fondatore dell' ontologia. Per Aristotele l' essere non è univoco ma polivoco, perchè ha più significati; così e dando una nuova definizione del divenire, egli supera l' eleatismo ed il pensiero di Parmenide, secondo il quale l' essere è univoco, puro positivo e l' unica realtà esistente, perchè non esiste il non-essere, dunque il passaggio da essere a non-essere e quindi il divenire. Il primo significato attribuito all' essere è accidente o accidentale o causale: è l' essere non necessario, indica una caratteristica dell' essere non essenziale all' essere stesso. Il secondo significato è per sé, categoriale o categoria : l' essere possiede dieci categorie ovvero sostanza, qualità, quantità, relazione, agire, subire, dove, quando, avere, giacere; la sostanza è tra queste la più importante. Dal punto di vista ontologico, queste categorie sono i generi supremi dell' essere, il modo in cui si manifesta la realtà, dal punto di vista gneosologico sono i vari modi in cui l' uomo si dice, si predica. Il terzo significato dell' essere è logico, essere del giudizio falso o vero, la verità del giudizio non è relativa al contenuto, ma alla catena logica compiuta nel sillogismo, ovvero nel ragionamento. L' ultimo significato è essere come atto e potenza : l' essere in potenza ha delle caratteristiche da sviluppare, potrebbe realizzarle, se lo facesse l' essere potenziale diventerebbe essere in atto, se si nega la possibilità di realizzare l' essere, si esclude anche la potenzialità. Aristotele ammette la superiorità dell' atto sulla potenza sia dal punto di vista ontologico, perchè l' atto è sia il fine ultimo della potenza che la causa dell' attualizzazione della potenza, poiché, affinché l' azione potenziale si realizzi, essa deve essere attuata, sia gneosologicamente, poichè la potenza è inconoscibile e la si può conoscere solo quando attuata, almeno visualmente, che dal punto di vista temporale, perchè avviene prima l' atto della potenza. Per Aristotele il divenire è il passaggio dall' essere in potenza all' essere in atto e non lotta e sintesi di contrari, come per Eraclito e nemmeno unione e separazione di più elementi come per i pluralisti.

Il termine usiologia deriva dal greco usìa e logos, è la scienza che studia la sostanza, essa è ciò che esiste in modo autonomo, ciò che è determinato, ciò che è in atto e ciò che è intrinsecamente unitario. La sostanza è sinolo, cioè insieme di forma e materia, è questa la teoria ilemorfica, termine che deriva dal greco ulè, che significa materia e morphè forma.

La teologia è lo studio di Dio; Aristotele si sofferma a definirne le caratteristiche, Platone, invece, parla solo di una figura mitica, il Demiurgo, la quale ha plasmato e messo ordine nel mondo sensibile; grazie a questo gesto, viene considerato un dio essenzialmente buono, anche se non ama. Anche i filosofi naturalisti non definirono Dio, o meglio, lo identificarono con l' archè, poiché una caratteristica dell' archè è il panteismo che significa "pieno di lei", cioè di divinità. Nell' archè identificarono anche il principio del mondo, la causa della sua esistenza, ciò da cui era principalmente formato e ciò a cui tutto tornava. Aristotele, invece, sostituisce l' idea di Bene di Platone con Dio e le idee platoniche con il concetto di forma, la quale fa rendere una cosa come è, è immanente alle cose sensibili, a differenza delle idee trascendenti.

Aristotele dimostra l' esistenza di Dio con una prova a posteriori, ovvero partendo da un dato esperienziale: il movimento. Tutto ciò che si muove viene mosso da qualcosa, ma non si può procedere all' infinito nella ricerca della causa ultima del movimento, Dio è la prima causa del movimento ed è primo motore immobile, primo poiché ci sono altre sostanze motrici soprasensibili, motore perché muove le cose ed immobile perché non viene mosso da nulla. Dio è atto puro, sostanza solo attuata perché soprasensibile, dunque non si può ammettere materia e quindi potenza, è immobile poiché non muta da potenza ad atto, è eterno perché non muovendosi non è soggetto all' azione del tempo, non è causa efficiente del mondo, perché quest' ultimo è eterno e non vi è, dunque, un atto di inizio, ma è causa finale del mondo, ciò a cui tutto tende. Democrito cerca di spiegare il mondo mediante le sole cause naturali e meccaniche, Aristotele, invece, fa del ricorso alle cause finali una delle caratteristiche chiave della sua indagine fisica, secondo il principio che sostiene che "la natura non fa niente senza scopo" e "tende sempre all' ottimo".

Dio è pensiero di pensiero, non pensa che a se stesso, altrimenti dipenderebbe da altro ed è infine semplice, perché è puro atto. Il dio aristotelico non è come quello cristiano, il quale perdona ed ama di amore gratuito, agape; tra il dio aristotelico e gli uomini intercorre lo stesso rapporto che vi è tra amato e amante, vi sono solo eros ed amore ricevuto da parte di dio. Il filosofo ammette l' esistenza di altre intelligenze motrici che muovono altri cieli, da 47 a 55, quindi sarebbe portato ad ammettere il politeismo, ma sostiene che il primo motore immobile sia superiore agli altri e che quindi vi sia monoteismo; Aristotele non riesce però a spiegare il motivo di questa affermazione. Dio e le intelligenze motrici fanno parte del mondo metafisico.

Tra aitiologia, ontologia ed usiologia esiste un percorso logico: prima si studiano le cause della realtà, poi l' essere e le sue caratteristiche ed infine si indaga sulle sostanze di esso. Queste tre discipline sono tutte collegabili alla teologia: aitiologicamente Dio è causa finale del mondo, ontologicamente Dio è un tipo di essere ed usiologicamente Dio è vero essere, quindi sostanza. Il rapporto che intercorre tra aitiologia, ontologia ed usiologia è che la sostanza, la quale implica sia atto che forma, è la causa materiale dell' essere.

Per quanto riguarda invece la fisica ed il mondo sensibile, Aristotele identifica diversi tipi di movimento: il primo è quello sostanziale, cioè nascere e morire, il secondo è qualitativo, ovvero il cambiamento di una qualità, il terzo è quello quantitativo, è l' aumento o la diminuzione della sostanza ed infine vi è il moto locale. Il moto locale ha a sua volta tre sottogruppi, che sono il moto circolare, il quale è perfetto, il moto dal basso all' alto, ovvero dal centro della terra verso l' alto ed infine il moto contrario, ovvero dall' alto al basso, questi ultimi due moti sono imperfetti e caratteristici delle cose sensibili.

Il mondo sensibile è costituito dalla zona sub-lunare e da quella lunare. Il mondo sub-lunare è compreso tra il centro della Terra e la luna, è la zona dove vivono gli uomini. I quattro elementi che lo costituiscono sono acqua, aria, terra e fuoco, le cose costituite principalmente da acqua e terra tendono verso il basso, quindi si muovono di moto locale dall' alto verso il basso, quelle formate soprattutto da fuoco ed aria tendendo verso l' alto, si muovono di moto locale dal basso verso l' alto, il loro elemento naturale è il cielo. Gli oggetti sensibili del mondo sub-lunare sono soggetti a corruzione, generazione, moto quantitativo e qualitativo. Il mondo lunare è compreso tra la luna ed il Cielo delle stelle fisse, è composto dai pianeti, detti cieli, l' elemento presente è l' etere. I cieli si muovono di movimento circolare e, nonostante siano sensibili, vi è una differenza qualitativa con il mondo sub-lunare, perché i pianeti sono composti da sostanze diverse. Il fatto che si muovano di moto circolare implica che i pianeti siano anche incorruttibili, eterni ed immutabili. Il mondo sensibile, sia sub-lunare che lunare, è perfetto, unico, finito ed eterno. In quanto finito, il mondo sensibile è perfetto perché conoscibile, le tre dimensioni conoscibili sono altezza, lunghezza e profondità; si risente, qui, del pensiero pitagorico che sostiene la perfezione del numero tre. E' unico perché Aristotele nega la possibilità dell' esistenza di un qualcosa al di là del Cielo delle stelle fisse: poiché qualsiasi cosa occupa uno spazio, ha un centro, un alto, un basso e dei confini e poiché l'infinito esclude lo spazio, l' infinito non esiste. Questa concezione del mondo rimarrà fino a quando Galileo Galilei non la supererà con l' attuale teoria. Il collegamento tra fisica ed ontologia ed in particolare con l' essere come atto e potenza è che il mondo sensibile è costituito da sostanze concrete, le quali sono atto e potenza, materia e forma. Tra la fisica con l' aitiologia e la teologia, il collegamento presente è costituito dal fatto che Dio è causa finale del mondo e non efficiente come il Demiurgo per Platone.

In Aristotele, della fisica fa parte anche la psicologia, che non è una scienza autonoma e si occupa di studiare l' anima. L' anima è principio vitale, dà vita, informa, attualizza la materia sensibile ovvero il corpo, quindi è considerata forma corporis, il corpo è materia priva di forma alla quale l' anima dà una forma particolare, ovvero, quella di essere corpo, il corpo non è vita ma ha vita, se non ricevesse vita dall' anima sarebbe privo di questa. Anima e corpo sono, dunque, ontologicamente atto e potenza. L' anima ha tre funzioni: vegetativa, sensitiva ed intellettiva. La prima funzione è la crescita, funzione base della vita, che presiede alla nutrizione ed alla riproduzione, è presente in tutti gli esseri viventi, comprese le piante. La funzione sensitiva presiede al movimento e alla conoscenza sensibile, è propria dell' essere animale e razionale, ma è presente anche nelle piante. La funzione intellettiva è presente solo nell' uomo ed è la conoscenza razionale. Le tre funzioni garantiscono unità, coordinano la vita del corpo. In Aristotele non si pone, a differenza di Platone, il problema del dualismo antropologico: infatti anche anima e corpo, secondo la visione ilemorfica, non sono due entità contrapposte ma sinolo, dotate, dunque, di unità e determinate. Tra le tre funzioni dell' anima quella più problematica è l' intellettiva, perché si stacca dal corpo durante l' astrazione (significato che verrà spiegato più avanti): se fosse separata dal corpo, non esisterebbe sinolo con il corpo, inoltre, se si staccasse, bisognerebbe ammetterne l' immortalità, ma Aristotele non l' ammette perché è sinolo con il corpo, quindi quando muore il corpo, muore anche l' anima. Inoltre se l' anima interagisse da sola, l' uomo non sarebbe più tale e l' anima stessa non potrebbe formare il corpo.

Aristotele distingue due conoscenze, quella sensibile e quella intellettiva o razionale. La conoscenza sensibile è legata alla funzione sensitiva dell' anima e si distingue in conoscenza legata ai cinque sensi, conoscenza legata al senso comune e conoscenza legata all' immaginazione. Quella legata ai cinque sensi è una conoscenza di tipo empiristico, fornisce il materiale sul quale lavorerà l' intelletto, permette di ricevere delle sensazioni, le persone sono quindi passive perché non possono evitare di ricevere sensazioni. Il senso comune, invece, permette di cogliere gli aspetti comuni dei cinque sensi, rende il soggetto conoscente consapevole di conoscere, se non lo fosse, sarebbe come se non conoscesse. Dal punto di vista logico, prima si ricevono le sensazioni, poi si collegano i sensi ed infine se ne diventa consapevoli, ma, se non esistesse il senso comune, non sarebbe possibile il procedimento conoscitivo precedente. Solo gli uomini possiedono il senso comune, negli animali in cui è presente, esso ha solo la prima funzione precedentemente descritta e non la seconda. L' immaginazione per Platone era l' eikasia, ovvero la conoscenza delle ombre delle cose sensibili, per Aristotele, invece, è la facoltà sensibile di ricordare e collegare tra loro le sensazioni precedentemente percepite, senza che l' oggetto relativo alle sensazioni sia presente, se non ci fossero le sensazioni non si avrebbe immaginazione.

La conoscenza intellettiva si suddivide in intelletto passivo ed intelletto attivo. L' intelletto passivo coglie le sensazioni ricevute dalla conoscenza sensibile, non agisce su di esse, ma semplicemente passa il materiale all' intelletto attivo. L' intelletto attivo agisce sul materiale ricevuto, forma i concetti degli oggetti per astrazione, cioè l' oggetto viene spogliato di tutte le caratteristiche particolari e se ne mantiene solo l' essenza, la quale è immutabile anche se ha caratteristiche sensibili, per l' uomo è la razionalità. La funzione intellettiva dell' anima si stacca solo quando avviene l' astrazione. Quindi, sia Platone che Aristotele ammettono due conoscenze: una sensibile, non considerata, come anche per Parmenide, la vera conoscenza, e l' altra, acquisita, per Platone, grazie al ricordo delle idee contemplate nell' iperuranio dall' anima e per Aristotele, grazie all' azione della funzione intellettiva dell' anima e al ragionamento.

Le due scienze pratiche, etica e politica, e le scienze poietiche vogliono individuare come nasca la felicità; virtù e felicità sono collegate, la virtù è ciò che rende una cosa come è, che la migliora. Per Socrate era, invece, la conoscenza e per Platone significava vivere in funzione dell' anima.

Nell' etica, Aristotele distingue le virtù etiche, esse sono la capacità razionale dell' uomo di distinguere il giusto mezzo tra due possibilità. Tra viltà e temerarietà, la giusta via è il coraggio, tra intemperanza e sensibilità è la temperanza, mentre la giustizia, la quale è intera e perfetta, è suddivisa in giustizia distributiva, in cui vengono distribuiti oneri, denaro ed altro secondo i meriti, e commutativa, la quale presiede i contratti volontari, come vendita e acquisto ed involontari tra cui rapina e uccisione. Le virtù dianoetiche, invece, sono legate alla funzione intellettiva dell' anima e meglio realizzano la razionalità dell' uomo, sono la saggezza e la sapienza. La saggezza, fronesis, regola i comportamenti in relazione alle virtù etiche ed ha, quindi, a che fare con la quotidianità. La sapienza, sophia, fa avvicinare alla metafisica, colui che è sapiente vive una vita teoretica, la miglior vita possibile.

Nel testo "Politica", Aristotele scrive che l' individuo non basta a se stesso perché non può da solo provvedere ai propri bisogni e non può nemmeno raggiungere da solo la virtù. Aristotele sostiene che "chi non può entrare a far parte di una comunità, chi non ha bisogno di nulla, bastando a se stesso, non è parte di una città, ma è una belva o un dio"; lo stato ha quindi in vista l' esistenza umana e l' esistenza materialmente e spiritualmente felice. Nessuna comunità politica può, quindi, essere costituita da schiavi o da animali, perché essi non possono far parte di una vita liberamente scelta, gli schiavi sono tali in quanto incapaci delle virtù più elevate. Aristotele mira a trovare una costituzione che sia adatta a tutte le città, cerca, dunque, partendo dalle costituzioni già esistenti, di crearne una che si avvicini alla perfezione, tramite il miglioramento di quelle già conosciute. Aristotele distingue tre tipi di costituzione: la monarchia o governo di uno solo, l' aristocrazia o governo dei migliori e la politìa o governo della moltitudine. Quando il governo mira al proprio interesse e non a quello comune, la monarchia degenera in tirannide, che ha per fine i vantaggi del monarca-despote, l' aristocrazia in oligarchia, in cui i più abbienti si sono sostituiti ai migliori ed infine, la politìa in democrazia, in cui anziché esserci il vantaggio di tutti c' è il vantaggio dei più ricchi. Tra i vari governi, quello che Aristotele predilige è una via di mezzo tra l' oligarchia e la democrazia, dove non governano pochi, ma una moltitudine agiata quanto basta da poter sostenere l' esercito. Per Aristotele, affinché si realizzi un buon governo, la costituzione dello Stato deve essere in grado di provvedere sia alla prosperità materiale che alla vita felice e virtuosa dei cittadini, il numero dei cittadini non deve essere nè troppo elevato, nè troppo basso, lo Stato deve avere una buona posizione geografica, i cittadini devono essere coraggiosi ed intelligenti, tutte le mansioni devono essere ben distribuite secondo le tre classi delineate da Platone, cioè governanti, guerrieri e lavoratori, è necessario che siano gli anziani a governare; infine, lo stato deve preoccuparsi dell' educazione dei cittadini ed insegnare a combattere, preparare alla vita pratica, alle funzioni necessarie e soprattutto alla vita teoretica.





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